Coronavirus e personale sanitario: Non siamo eroi…ma non vogliamo essere martiri, mai più come prima!

 Coronavirus e personale sanitario: Non siamo eroi…ma non vogliamo essere martiri, mai più come prima!

Pioveva a dirotto  su Roma, sembrava non voler smettere mai, era come se quella pioggia volesse spazzare via un dolore profondo che sgorgava dagli occhi pieni di lacrime di un’infermiera attiva in prima linea nei reparti di rianimazione destinati ai pazienti acuti affetti da Covid! Quella pioggia interrotta, simbolicamente rappresentava chi, anche a costo della propria vita, è rimasto accanto a tutte quelle persone che nel silenzio degli affetti, giungevano alla fine della propria biografia terrena! Lacrime che manifestavano il dolore vissuto di chi assisteva impotente a questo strazio, senza neanche poterli stringere tra le braccia e sussurrare loro   che  non erano soli!  Kierkegaard sosteneva che “l’unica cosa certa è la morte, ma è anche contemporaneamente la più insicura”, di “lei”  non conosciamo nulla, è divenuta un tabù nella nostra moderna culturale occidentale.  E’ stata negata a favore di un delirio collettivo che esalta l’assenza di limiti, dove tutto è scontato ed eterno, dove la fine è solo virtuale. E da qui il non dare valore alla vita, illudersi che tutto è dato per sempre!

Non siamo rimasti indifferenti di fronte alle strazianti immagini di dolore delle bare che sfilavano sui camion militari, immagini che hanno scosso le coscienze degli italiani. Abbiamo assistito inermi ai lamenti dei parenti delle vittime, privati anche di poter donare ai loro cari un fiore, garantire loro  una degna sepoltura, ritualmente considerata l’ultimo atto d’amore terreno. Tutti ci siamo profondamente commossi e sentiti profondamente feriti nell’anima nel pensare a chi se ne era andato.  Così come tutti siamo stati vicini a quelle persone che oggi sono  appellati come “supereroi”:  i medici, gli infermieri, i parasanitari, tutti coloro che sono stati accanto alle “vittime della pandemia”, senza però poterli toccare come si era soliti fare, ma indossando  addirittura doppi guanti con una visiera che impediva lo sguardo.

Loro da sempre abituati, quantomeno, a dare un sorriso, una carezza sono stati privati anche di questo! Medici, infermieri in prima linea riconvertiti dalla sera alla mattina in operatori sanitari destinati ai reparti Covid! Prima senza mascherine, guanti, esposti al rischio di contagio, poi avvolti in quella “tuta da palombaro” indossata ore ed ore, senza potersela mai togliere, con una remissione della propria dignità, dove anche  ogni necessità vitale doveva e poteva essere soddisfatta solo la dentro.  Sono stati sottoposti a turni massacranti,  spesso senza riposi, tentando disperatamente di fare uscire dal buio del tunnel, dalla deriva finale tutte quei pazienti, i cui oggetti personali venivano ammonticchiati in una stanza sempre più colma con il passare di giorni, che evocava scene di altra “crudele memoria”.

Quanti ritardi, quante informazioni non veicolate tempestivamente dall’Oriente. Tutto per troppo tempo nascosto. Riteniamo inoltre che sia il Governo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, fin dai primi momenti conosciuti hanno notevolmente sottovalutato la furia devastatrice del Covid, facendo perdere altro tempo prezioso, quel tempo che sarebbe servito per fare la differenza nel contrasto al virus, attrezzando i diversi presidi ospedalieri per gestire la pandemia e sottoponendo ai tamponi non solo chi aveva dei sintomi, ma soprattutto il personale che lottava in prima linea all’interno dei diversi ospedali e delle strutture residenziali assistenziali. Si sarebbe potuta rinforzare la medicina di base e il servizio di assistenza domiciliare e si sarebbero dovute isolare tempestivamente tutte le zone focolaio del Coronavirus. Non capiamo, infatti, perché alcune di queste, una volta individuate, sono state dichiarate rosse ed atre No! Non comprendiamo ancora come mai, ci sia stato il divieto di poter fare subito autopsie, perché questo avrebbe consentito di conoscere le cause devastanti del Covid e quantomeno si sarebbero potute individuare delle cure farmacologiche in grado di arginarle.

Di certo tante persone si sarebbero potute salvare. Anche qui, tanti alibi: le autopsie vietate per evitare il contagio di chi li avrebbe eseguite e i tamponi non fatti perché non c’erano i reattivi! Viene il dubbio che forse, se si fossero fatti i tamponi il contagio di certo si sarebbe rilevato molto più esteso  e nelle strutture sanitarie e assistenziali non ci sarebbe stato quasi più nessuno a lavorare in prima linea!  Ma conciliare la salute e la crisi economica e quindi, la mancanza di lavoro non è certamente una questione facilmente risolvibile. Perché anche il morire di fame, perdere il lavoro, aggiungere alle povertà  tante altre povertà andava e va  evitato. Riteniamo che comunque la verità debba avere sempre il sopravvento, senza verità, anche se conoscerla a volte fa tanto male, si rompe il patto di fiducia da parte dei cittadini con lo Stato.

Ascoltare la narrazione di coloro che erano in prima linea, di chi ha calcato la scena con la ” propria carne” quel palcoscenico di dolore, lascia basiti! Dai loro racconti e dalle loro lacrime emerge un grido di dolore che ha bisogno di riconoscimento, di giusto rispetto,  non a parole, ma con fatti concreti. Analizzando questa situazione ecco che il vaso di Pandora si scopre e vengono fuori tutti gli errori fatti negli anni, abbiamo pagato i tagli ingenti fatti alla sanità e non solo a questa, la scelta di una sfrenata ospedalizzazione per soddisfare le case farmaceutiche e le fabbriche che producono tecnologie e presidi sanitari. Le inchieste e le indagini fatte dalla magistratura sono state velocemente dimenticate e, troppo spesso non utilizzate per cambiare rotta, per fare nel futuro scelte diverse. Mai come ora però si sente il bisogno e la riscoperta di una medicina di prossimità, di un servizio socio – sanitario  più vicino al territorio e alla comunità, di una “sanità amica”, a portata di mano, che riesca subito a intervenire, non facendo cosi, come  è successo, intasare i pronto soccorsi ospedalieri o a far restare per giorni e giorni nella propria abitazione senza alcun supporto clinico e sanitario, nonostante le ripetute e reiterate richieste di aiuto! Lo stesso è  accaduto  in maniera analoga nelle strutture residenziali assistenziali. Sono necessari interventi mirati e subitanei atti a promuovere  e realizzare una prevenzione primaria del danno.

Una cura che interviene dopo che i sintomi sono ormai irreversibili è solo uno sterile accanimento terapeutico! Strapparsi poi le vesti, cospargersi il capo di cenere e recitare tanti mea culpa, cercando però sempre i capri espiatori negli altri, individuando sempre e comunque un nemico a cui attribuire ogni responsabilità, ci richiama alla morale e a molti di quegli insegnamenti di  esopiana e pirandelliana memoria. Abbiamo sentito che saranno assunti finalmente medici, parasanitari, infermieri e tra questi  tanti infermieri  di famiglia e di comunità e tutti abbiamo gioito e applaudito, considerando che l’età media del personale sanitario  si aggira  sui 55 anni, e che  tutte le categoria professionali sono da troppo tempo sotto dimensionate rispetto ai bisogni!  Ascoltando le dirette testimonianze abbiamo scoperto che, anziché far scorrere le graduatorie o promuovere reclutamenti con procedure veloci, basti pensare che in Italia ci sono tra l’altro circa 40.000 infermieri disoccupati .

Molti nuovi professionisti sanitari, tra cui anche infermieri, saranno immessi nel circuito Sanitario Nazionale  però solo con contratti di collaborazione! Ancora: nel DPCM per quanto riguarda i profili infermieristici ne sono stati previsti meno di 10.000, mentre  gli addetti ai lavori  ci dicono che  nel Servizio Sanitario Nazionale ne servirebbero almeno 60.000 per compensare coloro che negli anni sono andati in pensione, sono deceduti prematuramente o hanno abbandonato la professione per altre occupazioni meno impegnative e di certo più redditizie.

Tale previsione il cui criterio di inadeguatezza è omologo per tutti gli altri professionisti del settore, medici, parasanitari et altro. E’ allora  insufficiente in un SSN che voglia dare il giusto peso a quella prevenzione primaria tanto declamata. Una politica sanitaria volta ad investire sulla prevenzione, sull’educazione alla salute, garantita sul territorio a partire dalle scuole, nel medio lungo termine, avrebbe ricadute positive anche sui costi sanitari oltre che sulla qualità della vita dei cittadini, perché sappiamo che la salute come dichiarato dall’OMS non è solo assenza di malattia!

Mai più come prima, ma tutto come prima! Anzi peggio di prima! Il Coronavirus avrebbe dovuto infrangere le vecchie logiche sistemiche ed assistenziali, troppo spesso governate solo dal bieco profitto, e non centrate sul bene comune e sul valore inestimabile di ogni persona umana.

Ancora una volta non “vince” la meritocrazia, l’esperienza, la competenza, la presa di coscienza degli errori fatti in modo da non ripeterli in futuro, ma tanto si dice e poco si fa in tal senso.  In questo modo  non si da nessuna certezza se i contratti sono solo di collaborazione perchè non potranno così sfatare il detto dei molti su queste nuove nostre giovani  generazioni, che secondo loro sono  composte, nella maggior parte da “bamboccioni”, da persone che non vogliono lasciare il nido materno, che scansano qualsiasi  responsabilità, a partire da quella genitoriale , che vogliono solo guadagnare per divertirsi e per dimostrare che hanno raggiunto il successo, ed è per questo che, secondo loro, non nascono più bambini! Ci rappresentano come un paese di vecchi e per vecchi e nulla si può fare!

Quanta ipocrisia, quanta incoerenza! A questi medici, infermieri, operatori socio – sanitari, parasanitari, non è concesso alcun servizio di sostegno psicologico, necessario a causa del burnout subito, fatte eccezioni per alcune Asl. Ai “supereroi” è riconosciuta invece un’indennità di pochi euro, però solo a chi prestava e presta servizio nei reparti Covid!

Nulla per tutti gli altri operatori sanitari, che senza avere i dispositivi di protezione individuale idonei, hanno lavorato e lavorano presso reparti definiti No Covid con pazienti asintomatici o ancora non diagnosticati. Non a caso è in questi reparti che si sono contagiati e si contagiano la maggior parte degli operatori sanitari e non solo loro. Per non parlare poi delle RSA, come la morte anche la vecchiaia è diventata un tabù nella nostra cultura occidentale. Per questo  va chiusa, non si deve vedere, disturberebbe la nostra ricerca continua di eterna giovinezza e felicità e perché investire su chi non produce più?

 Ma che paese è diventato questo? Si sono spenti i riflettori sugli “eroi”, ma i medici e gli infermieri e tutti gli operatori parasanitari sono sempre li a lavorare nei loro reparti.  All’improvviso non sono più supereroi, ma solo operatori della sanità che in fondo hanno fatto nient’altro che il loro dovere, che in fondo se dentro hanno ancora le ferite per aver abbandonato i figli, per essersi contagiati, per aver visto, impotenti, tanti loro pazienti salire sulla barca di Caronte, pazienza riusciranno lentamente a dimenticare questi momenti strazianti. Le lacrime continuano a sgorgare, le emozioni rimangono ancora profondamente vive. Dentro di loro rimane però il grande coraggio di rendere pubblico questo oceanico dolore, il coraggio di manifestarsi come persone, come cittadini, come chi cerca con le lacrime e le loro narrazioni di inondare di purezza quest’assurdo oblio di chi ha già scordato! La memoria fa la differenza sulla civiltà di un paese: è il termometro non della cronaca ma della storia umana!

 Come si fa a dare ingenti parcelle a una moltitudine di famosi esperti e consulenti, troppo spesso in contraddizione tra loro, che enunciano rimedi e direttive diverse tali da ingenerare così, non porti sicuri non solo per gli addetti ai lavori e di chi stava e sta ancora in prima linea, ma per tutta la popolazione che avvertiva di trovarsi in un mare aperto con salvagente formato dai tanti libri recentemente pubblicati! L’ansia, lo sconforto, l’inquietudine, la paura e la solitudine si sono abbattuti così ancora più significativamente, amplificando a livello introspettivo  la pericolosità oggettiva e comunque reale del mortale nemico. In molte persone le  conseguenze reattive psicologiche  hanno forse, per questo, causato e continuano a causare comportamenti abnormi del  rispetto delle regole necessarie, anche in questa seconda fase perché viene negata come risposta psicologica reattiva la pericolosità di questo virus ancora circolante e pronto a far riesplodere la pandemia. Questo sta avvenendo soprattutto in molti giovani, in molti adolescenti, in molti bambini.

Anche perché tutti loro sono stati completamente dimenticati, sono diventati improvvisamente  invisibili e fantasmi,  evocati  solo per dare rappresentazioni di famiglie da Mulino bianco, considerati solo per  la didattica a distanza!  I giovani che hanno pagato più degli altri il lockdown e ne subiranno gli effetti se non si provvederà a costruire percorsi capaci di recuperare quel tempo perduto vitale nel loro processo evolutivo. Come si fa a chi ha operato e continua a operare nella sanità a  non dare un segnale tangibile di dovuto riconoscimento, almeno economico, perché sembra che  solo quello si può dare e comunque non potrà mai essere risarcitorio di quanto prestato.

Ma se neanche simbolicamente si fa questo, allora diteci:  è solo l’appellativo ridondante di supereroi che testimonia la nostra dovuta gratitudine?  E ancora perché non si è deciso di abbattere i numeri chiusi per entrare nelle facoltà di medicina o in quelle infermieristiche? Eppure sono state fatte discutere velocemente le tesi, aboliti gli esami abilitanti alla professione, immessi velocemente medici e infermieri, senza esperienza, anche loro buttati in prima linea. Oggi lo stipendio di base di un infermiere non turnista è sovrapponibile a quello di un operaio ed a volte inferiore. In altre nazioni anche dell’Unione Europea le professioni sanitarie sono riconosciute socialmente ed economicamente. Occorre riconoscere l’apporto di ogni professionista sanitario e socio – sanitario a partire dai medici e dagli infermieri sempre, non solo nelle emergenze. Solo così la loro dignità come persone e come professionisti sarà tutelata. E tutti, nessuno escluso, ne godrà i benefici.

Dopo le lacrime un appello: <<non siamo e non ci consideriamo  eroi,  ma non vogliamo essere martiri>> Mai più come prima! La solitudine e il dolore devono appartenere solo a questo recente passato!  Ma questo dipenderà solo da noi tutti!


Dott.ssa Serenella Pesarin, Sociologa, Psicologa, Psicoterapeuta, esperta nel settore penale e minorile, Presidente “Consolidal sezione romana”

Luigi Bulotta, avvocato, Segretario Nazionale Consolidal, Vice Presidente “Consolidal sezione romana”


Dottor Claudio Fellone, Psicopedagogista, Infermiere, Professore a contratto presso Università “La Sapienza” di Roma  e USCS


Dott.ssa Milena Capuano, Medico e 1° Dirigente di Pediatria presso Ospedale di Orvieto, Socia Fondatrice “ Consolidal sezione romana”

Dott.ssa Milena Capuano, Medico e 1° Dirigente di Pediatria presso Ospedale di Orvieto, Socia Fondatrice “ Consolidal sezione romana”

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