Un aiuto per chi è in difficoltà finanziaria: la legge “Salva Suicidi”

 Un aiuto per chi è in difficoltà finanziaria: la legge “Salva Suicidi”

 

Non si può né ipotecare, né pignorare la casa di chi, pur essendo sovraindebitato, ha ottenuto l’accesso alla procedura del sovraindebitamento (cosiddetta «legge salva suicidi»): in questo caso, infatti, anche se il debitore ha promesso di pagare solo una parte delle obbligazioni contratte, secondo la percentuale concessagli dal giudice del tribunale, i creditori hanno le mani legate e non possono iniziare, nei suoi confronti, procedure esecutive. La conseguenza è anche che, attraverso la richiesta della procedura di sovraindebitamento, il debitore salva i propri beni (conto corrente, pensione, casa, ecc.) dai pignoramenti in corso e da quelli futuri. È quanto chiarito dal Tribunale di Lodi con una recente ordinanza (Trib. Lodi, ord. del 3.03.2017.)

Come noto la legge del 2012, battezzata ormai da tutti “Legge Salva Suicici” consente al debitore che sia sovraindebitato – ossia che abbia contratto così tanti debiti da non poterli più onorare anche con le migliori intenzioni – di presentare al Tribunale un piano di pagamento dei propri creditori in percentuale e con “saldo e stralcio”. Viene così prospettata, come soluzione alla crisi, uno sconto sul debito complessivo in cambio del pagamento. Tale piano di risanamento, meglio noto come «piano del consumatore» deve essere redatto e depositato attraverso uno degli «organismi di composizione della crisi» (va bene anche il proprio commercialista o avvocato). Il giudice ne valuta poi la meritevolezza: accerta cioè che il debitore non si sia posto in tale condizione di dovraindebitamento per propria colpa. Se così stanno le cose, autorizza il piano del consumatore.

In altre parole si tratta di una sorta di compromesso tra il debitore e i creditori: il primo, seguito appunto da un professionista della crisi, promette di liquidare i propri beni o di attingere da altre fonti di redditi (anche provenienti da terzi), per pagare in percentuale i propri creditori. I secondi di astengono, nel frattempo, dall’aviare pignoramenti e altre azioni nei suoi confronti.

Scopo della procedura è chiaramente, da un lato, quello di liberarsi per sempre dei debiti (anche se il pagamento non avviene per intero) e, dall’altro, arrivare a una liquidazione dei creditori che possa minimamente soddisfare le loro esigenze, secondo la percentuale chiesta e successivamente accettata dal giudice.

Nel provvedimento in questione, il giudice, «Valutata l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere alle obbligazioni assunte» ha ricordato che «non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore».

In passato i giudici hanno dato una lettura molto estensiva del «piano del consumatore», risolvendo situazioni di estrema difficoltà. Così sono stati ammessi programmi di pagamento al solo 20-30% anche quando il creditore è uno soltanto, come la banca o il fisco. In questi casi, dunque, il debitore, presenta la propria proposta al giudice e questi, dopo aver valutato la meritevolezza del debitore, l’approva senza raccogliere il consenso dei creditori, i quali – giocoforza – sono costretti ad adeguarsi a quanto stabilito dal giudice. In altri termini, è il tribunale a decidere se la percentuale è congrua o no, mentre i creditori devono sottostare a tale provvedimento, né sono chiamati ad esprimere il proprio consenso.

Chi accede a questa procedura blocca il pignoramento della casa, ma non solo: anche quello su qualsiasi altro bene. Torna, insomma, a dormire sonni tranquilli perché non può più essere oggetto dell’esecuzione forzata dei creditori.

 

 

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Redazione Tutto Sud News

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