Divorzio: un disegno di legge elimina l’obbligo di garantire all’altro coniuge il mantenimento del tenore di vita

 Divorzio: un disegno di legge elimina l’obbligo di garantire all’altro coniuge il mantenimento del tenore di vita

Broken red heart and Divorce paper note on cash

 

In caso di divorzio, non ci sarà più l’obbligo di garantire all’altro coniuge il mantenimento del tenore di vita avuto durante il matrimonio. Sulla materia intende intervenire il Parlamento per mettere fine ad un contrasto giurisprudenziale connotato da diversificati orientamenti. È questo l’obiettivo del disegno di legge ( Ddl n. 4605) all’esame della Commissione Giustizia della Camera.

Alcuni precedenti giurisprudenziali in materia di assegno di mantenimento ( c.d. divorzile) hanno avuto vasta risonanza presso la pubblica opinione per l’eccessiva entità dell’assegno disposto a favore del coniuge « debole ». Per converso le cronache segnalano spesso casi di difficili condizioni di vita in cui vengono a trovarsi gli ex-coniugi (generalmente i mariti) in quanto costretti a corrispondere un assegno di mantenimento  che assorbe parte cospicua del loro reddito.

Si tratta di casi in cui si è applicata, non sempre appropriatamente, la norma sull’assegno post-matrimoniale come interpretata da una consolidata giurisprudenza, che ravvisa come primo presupposto e criterio di determinazione dell’assegno l’assenza di un reddito sufficiente a mantenere il tenore di vita di cui si godeva in costanza di matrimonio.

La relazione al disegno di legge mette in risalto le problematiche derivanti dalla diversa interpretazione che i giudici hanno dato disponendo, in alcuni casi, la corresponsione di elevato assegno a favore del coniuge “debole”, determinando, in tal modo, difficoltà di vita per gli ex-coniugi  costretti a corrispondere un assegno che assorbe una rilevante parte del loro reddito, ritenendo quale presupposto dell’assegno post matrimoniale l’assenza di un reddito sufficiente a mantenere il tenore di vita di cui si godeva in costanza di matrimonio.

Sulla vicenda è intervenuta di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11504/2017, abbandonando il criterio del “tenore di vita” per quanto riguarda la  determinazione dell’assegno di mantyenimento, sostituendolo con il criterio della valutazione dell’autosufficienza economica del partner. Pertanto, secondo questa interpretazione, condivisa da diversi giudici di merito, l’ex coniuge che non percepisca quanto è strettamente necessario per vivere può pretendere solamente gli alimenti, senza che si possa fare alcun riferimento al tenore di vita mantenuto in costanza di matrimonio.

Altri giudici, invece, hanno continuato a perseguire il criterio del tenore di vita escludendo che lo stato di povertà sia il necessario presupposto dell’assegno di mantenimento.

Scopo del disegno di legge, pertanto, come si evince dalla relazione introduttiva, è quello di dirimere questo ormai diffuso contrasto giurisprudenziale, fissando adeguati criteri atti ad evitare, da un lato, che il divorzio sia causa di degrado esistenziale del coniuge economicamente debole e che ha fatto affidamento nella vita matrimoniale,  dedicandosi esclusivamente alla cura della famiglia, rinunciando a raggiungere un’adeguata formazione e un inserimento nella vita lavorativa, dall’altro che lo scioglimento del matrimonio sia causa di indebito arricchimento.

Peraltro, l’intervento del legislatore è in piena linea con quanto stabilito dagli ordinamenti europei, per cui la novella legislativa proposta tende ad introdurre nell’ordinamento italiano una soluzione di equità familiare tanto conforme alle attese della società civile.

 La proposta, pertanto, che risulta ad iniziativa dei deputati  Ferranti, Verini, D’Ambruoso,  Rossomando, Mattiello, Giuliani, Iori, Amoddio, Guerini Giuseppe, Tartaglione e Zan,  prevede di sostituire il sesto comma dell’art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 ( Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), introducendo una serie di disposizioni che andrebbero ad applicarsi non solo allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma anche alle unioni civili.

Pertanto, la nuova disciplina stabilisce che venga corrisposto un assegno destinato a compensare, per quanto possibile, le disparità che si determinano nei coniugi a causa dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. La determinazione dell’assegno è, perciò, vincolata alla previa valutazione da parte del Tribunale di una serie di parametri tra cui: le condizioni economiche in cui i coniugi vengono a trovarsi a seguito della fine del matrimonio; il contributo personale ed economico che ogni coniuge ha dato alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune; le ragioni dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; la durata del matrimonio; il reddito di entrambi; la ridotta capacità reddituale dovuta a ragioni oggettive; l’impegno di cura personale di figli comuni minori o disabili, assunto dall’uno o dall’altro coniuge; la mancanza di un’adeguata formazione professionale quale conseguenza dell’adempimento di doveri coniugali.

Tra l’altro la corresponsione dell’assegno potrà avere una durata temporale laddove la ridotta capacità reddituale del coniuge richiedente sia dovuta a ragioni contingenti o comunque superabili. Invece, l’assegno non sarà dovuto ove il matrimonio sia cessato o sciolto per violazione degli obblighi coniugali da parte del coniuge che richiede l’assegno.

In altre parole, una volta approvata questa riforma, sarà il Tribunale che pronuncia la sentenza a disporre l’attribuzione di un assegno a favore di un coniuge, che sarà destinato a compensare, per quanto possibile, la disparità che lo scioglimento o la cessazione degli effetti del matrimonio crea nelle condizioni di vita dei coniugi determinato sulla base dei nuovi criteri che il legislatore introdurrà.

L.B.

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