L’incognita della guerra pesa sull’Europa: le valutazioni dell’economista Walter Frangipane

 L’incognita della guerra pesa sull’Europa: le valutazioni dell’economista Walter Frangipane

La guerra ingiustificata – non provocata – che la Russia sta conducendo contro l’Ucraina ha avuto un forte impatto sui mercati energetici e alimentari.
Già prima dell’invasione russa, nella fase post pandemica, l’Economia in Italia, come anche in Europa, aveva fatto emergere segnali di soddisfacente ripresa, pur avvertendo l’inizio di una spirale inflazionistica che si sta rivelando – ora – più alta di quanto si era verificato nei decenni trascorsi, a causa in primo luogo dell’aumento del costo della vita e dell’inasprimento delle condizioni finanziarie.
Purtroppo già sin dalla seconda metà dell’anno 2021 si è registrato un forte aumento dei prezzi dell’energia che ha investito l’intera Unione Europea, come pure altri Paesi non europei. Il prezzo dei carburanti, inoltre, è aumentato ulteriormente a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, come accennato in premessa, che peraltro ha anche creato preoccupazioni nei Paesi, in particolare quelli non sufficientemente dotati di fonti di energia, a causa della non piena sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione Europea. La decisione della Russia di sospendere le forniture di gas a diversi Paesi, membri dell’U.E., ha ulteriormente influito sulla situazione degli approvvigionamenti. L’inflazione, peraltro, ha raggiunto percentuali a due cifre, ed è auspicio di tutti gli operatori economici che nel 2023 ci sia una ripresa economica tale da ricondurre l’inflazione stessa a percentuali meno preoccupanti. Certo la politica monetaria in sé, sia dell’Italia che dei Paesi dell’Unione Europea, dovrebbe imprimere gli indirizzi necessari per ripristinare, per quanto possibile, la stabilità dei prezzi, mentre la politica fiscale dovrebbe tendere ad alleviare le pressioni sul costo della vita che si fa ogni giorno più sentire, pur mantenendo un atteggiamento in linea con la politica monetaria stessa. Peraltro la crescita salariale in Italia, ma anche in altri Paesi, è rimasta ben al di sotto dell’inflazione finora rilevata, per cui potrebbe anche verificarsi una situazione di “wage and price inflation ratcheting up” (aumento dell’inflazione salariale e dei prezzi).
La Banca Centrale Europea, su decisione di Christine Lagarde, ha già aumentato, come è noto, i tassi di interesse, ma lo hanno fatto anche altre Banche Centrali non europee, come la Federal Reserve negli U.S.A., con una sincronicità mai vista negli ultimi decenni e con una tendenza – si pensa – che proseguirà verosimilmente nel 2023, come azione di risposta all’inflazione. Tuttavia è opinione comune che l’aumento dei tassi non potrà non influire in qualche misura sulla crescita economica, non sottovalutando il rischio della recessione, ancorché si possa presumibilmente pensare sia un rischio abbastanza remoto. Ma poi non è detto che le sole decisioni sull’innalzamento dei tassi possano fronteggiare l’inflazione, anzi potrebbero addirittura anche non bastare al fine di ricondurre gli indici inflazionistici ai livelli prima della pandemia.
Dal canto suo l’Italia dovrà portare avanti le riforme strutturali, affinché queste possano contribuire a sostenere la lotta contro l’inflazione e migliorare, si spera, la produttività, allentando i vincoli di approvvigionamento, e accentuando la cooperazione multilaterale del nostro Paese con quelli dell’Unione Europea, ma non solo con quelli. Inoltre è oltremodo necessario accelerare la transizione verso l’auspicata “green energy” (energia verde) e prevenire la frammentazione.
Rimane aperta per l’Unione Europea, e per l’Italia che vi fa parte a pieno titolo, l’incognita della guerra della Russia contro l’Ucraina, i cui effetti toccano anche noi.
Si potrebbe dire sinteticamente che a seguito dell’invasione della Russia nel cuore dell’Europa si sono aperti tre macro-scenari.
Per quanto riguarda il primo, ovvero “l’indipendenza energetica”, i leaders dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea si sono immediatamente mossi e, con la dichiarazione di Versailles nel marzo 2022, hanno concordato di eliminare gradualmente la dipendenza dei Paesi Europei dai combustibili fossili russi il più presto possibile. Il Consiglio Europeo del 30 e 31 maggio 2022 ha poi concordato il divieto di circa il 90% di tutte le importazioni del petrolio russo entro la fine del 2022 anche quello fornito attraverso gli oleodotti. Tenendo conto dei diversi mix energetici, delle condizioni e delle circostanze dei Paesi membri dell’Unione Europea, i leaders hanno chiesto di diversificare ulteriormente le fonti nonché le rotte di approvvigionamento energetico, accelerando in particolare le energie rinnovabili e migliorando ulteriormente l’efficienza energetica. Il 6 ottobre 2022 i Paesi dell’Unione Europea hanno sollecitamente adottato un regolamento per affrontare i prezzi elevati di energia, al fine di aiutare i cittadini e le imprese più colpiti dalla crisi energetica. Tale regolamento prevede tre misure di emergenza: la riduzione del consumo di energia elettrica, la limitazione dei ricavi delle imprese di energia, limitazioni che – secondo notizie raccolte in questi ultimi giorni – potrebbero essere in Italia ancora più incisive, sopra tutto per i profitti extra, nella formulazione in atto della nuova bozza della legge di bilancio, e contributi di solidarietà alle imprese di combustibili fossili. Inoltre sono state presentate sollecitazioni per misure aggiuntive come acquisti congiunti volontari di gas, un nuovo “benchmark” di gas complementare (si tratta cioè di uno strumento per valutare quali siano i rischi tipici del mercato delle energie, così come avviene più o meno per i mercati finanziari), un corridoio di prezzo dinamico temporaneo sulle transazioni di gas naturale, e un “temporary framework” (un quadro comune europeo temporaneo) per valutare nel suo insieme e limitare il prezzo del gas nella produzione di elettricità.
Un secondo scenario, altrettanto importante come quello energetico, che si riflette in maniera preoccupante sui Paesi poveri e di riflesso, ma in misura inferiore sui Paesi europei, se non fosse per il rischio di un’accelerazione dei flussi migratori, è rappresentato dai mercati alimentari.
L’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina ha avuto e continua ad avere un impatto diretto sulla sicurezza alimentare globale e sull’accessibilità economica. Grazie alla Politica Agricola Comune (la così detta C.A.P. Common Agricultural Policy), la disponibilità di alimenti, mangimi e fertilizzanti non è una preoccupazione poi così importante nell’Unione Europea, la quale è ampiamente autosufficiente e quindi si può immaginare che il suo mercato unico riesca ad assorbire gli shock alimentari, garantendo la sicurezza alimentare appunto per i cittadini dell’Unione Europea nonché il sostegno al reddito per gli agricoltori europei. Tuttavia, la riduzione delle importazioni di mais, di frumento, di olio e farine di semi di colza e di girasole dall’Ucraina ha un impatto, in particolare, sui prezzi dei mangimi e sull’industria alimentare. Con i prezzi di mercato elevati e le tendenze inflazionistiche derivanti dalla guerra in Ucraina, la principale preoccupazione dei Paesi dell’Unione Europea rimane sempre e comunque l’accessibilità economica.
Pertanto la Russia, usando come arma le esportazioni alimentari dal Mar Nero, è l’unica responsabile della crisi alimentare che si sta verificando nei Paesi africani, accentuando la loro instabilità politica. Di conseguenza le sanzioni dell’Unione Europea sono state specificatamente progettate in modo tale da non prendere di mira i prodotti alimentari e agricoli. Per tale ragione il Consiglio ha invitato gli Stati membri a collaborare per affrontare l’insicurezza alimentare globale attraverso quattro linee d’azione: la solidarietà attraverso i soccorsi di emergenza e il sostegno all’accessibilità economica, la promozione della produzione sostenibile, la resilienza e la trasformazione del sistema alimentare cercando di facilitare il commercio e aiutando l’Ucraina a esportare prodotti agricoli anche attraverso rotte alternative, al fine di sostenere il commercio globale.
Ferma è stata, inoltre, la condanna per la distruzione e l’appropriazione indebita da parte della Russia della produzione agricola dell’Ucraina, e ancora più fermo è stato l’invito alla Russia stessa di porre fine agli attacchi alle infrastrutture di trasporto e a quelle energetiche.

La guerra ingiustificata – non provocata – che la Russia sta conducendo contro l’Ucraina ha avuto un forte impatto sui mercati energetici e alimentari.
Già prima dell’invasione russa, nella fase post pandemica, l’Economia in Italia, come anche in Europa, aveva fatto emergere segnali di soddisfacente ripresa, pur avvertendo l’inizio di una spirale inflazionistica che si sta rivelando – ora – più alta di quanto si era verificato nei decenni trascorsi, a causa in primo luogo dell’aumento del costo della vita e dell’inasprimento delle condizioni finanziarie.
Purtroppo già sin dalla seconda metà dell’anno 2021 si è registrato un forte aumento dei prezzi dell’energia che ha investito l’intera Unione Europea, come pure altri Paesi non europei. Il prezzo dei carburanti, inoltre, è aumentato ulteriormente a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, come accennato in premessa, che peraltro ha anche creato preoccupazioni nei Paesi, in particolare quelli non sufficientemente dotati di fonti di energia, a causa della non piena sicurezza dell’approvvigionamento energetico nell’Unione Europea. La decisione della Russia di sospendere le forniture di gas a diversi Paesi, membri dell’U.E., ha ulteriormente influito sulla situazione degli approvvigionamenti. L’inflazione, peraltro, ha raggiunto percentuali a due cifre, ed è auspicio di tutti gli operatori economici che nel 2023 ci sia una ripresa economica tale da ricondurre l’inflazione stessa a percentuali meno preoccupanti. Certo la politica monetaria in sé, sia dell’Italia che dei Paesi dell’Unione Europea, dovrebbe imprimere gli indirizzi necessari per ripristinare, per quanto possibile, la stabilità dei prezzi, mentre la politica fiscale dovrebbe tendere ad alleviare le pressioni sul costo della vita che si fa ogni giorno più sentire, pur mantenendo un atteggiamento in linea con la politica monetaria stessa. Peraltro la crescita salariale in Italia, ma anche in altri Paesi, è rimasta ben al di sotto dell’inflazione finora rilevata, per cui potrebbe anche verificarsi una situazione di “wage and price inflation ratcheting up” (aumento dell’inflazione salariale e dei prezzi).
La Banca Centrale Europea, su decisione di Christine Lagarde, ha già aumentato, come è noto, i tassi di interesse, ma lo hanno fatto anche altre Banche Centrali non europee, come la Federal Reserve negli U.S.A., con una sincronicità mai vista negli ultimi decenni e con una tendenza – si pensa – che proseguirà verosimilmente nel 2023, come azione di risposta all’inflazione. Tuttavia è opinione comune che l’aumento dei tassi non potrà non influire in qualche misura sulla crescita economica, non sottovalutando il rischio della recessione, ancorché si possa presumibilmente pensare sia un rischio abbastanza remoto. Ma poi non è detto che le sole decisioni sull’innalzamento dei tassi possano fronteggiare l’inflazione, anzi potrebbero addirittura anche non bastare al fine di ricondurre gli indici inflazionistici ai livelli prima della pandemia.
Dal canto suo l’Italia dovrà portare avanti le riforme strutturali, affinché queste possano contribuire a sostenere la lotta contro l’inflazione e migliorare, si spera, la produttività, allentando i vincoli di approvvigionamento, e accentuando la cooperazione multilaterale del nostro Paese con quelli dell’Unione Europea, ma non solo con quelli. Inoltre è oltremodo necessario accelerare la transizione verso l’auspicata “green energy” (energia verde) e prevenire la frammentazione.
Rimane aperta per l’Unione Europea, e per l’Italia che vi fa parte a pieno titolo, l’incognita della guerra della Russia contro l’Ucraina, i cui effetti toccano anche noi.
Si potrebbe dire sinteticamente che a seguito dell’invasione della Russia nel cuore dell’Europa si sono aperti tre macro-scenari.
Per quanto riguarda il primo, ovvero “l’indipendenza energetica”, i leaders dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea si sono immediatamente mossi e, con la dichiarazione di Versailles nel marzo 2022, hanno concordato di eliminare gradualmente la dipendenza dei Paesi Europei dai combustibili fossili russi il più presto possibile. Il Consiglio Europeo del 30 e 31 maggio 2022 ha poi concordato il divieto di circa il 90% di tutte le importazioni del petrolio russo entro la fine del 2022 anche quello fornito attraverso gli oleodotti. Tenendo conto dei diversi mix energetici, delle condizioni e delle circostanze dei Paesi membri dell’Unione Europea, i leaders hanno chiesto di diversificare ulteriormente le fonti nonché le rotte di approvvigionamento energetico, accelerando in particolare le energie rinnovabili e migliorando ulteriormente l’efficienza energetica. Il 6 ottobre 2022 i Paesi dell’Unione Europea hanno sollecitamente adottato un regolamento per affrontare i prezzi elevati di energia, al fine di aiutare i cittadini e le imprese più colpiti dalla crisi energetica. Tale regolamento prevede tre misure di emergenza: la riduzione del consumo di energia elettrica, la limitazione dei ricavi delle imprese di energia, limitazioni che – secondo notizie raccolte in questi ultimi giorni – potrebbero essere in Italia ancora più incisive, sopra tutto per i profitti extra, nella formulazione in atto della nuova bozza della legge di bilancio, e contributi di solidarietà alle imprese di combustibili fossili. Inoltre sono state presentate sollecitazioni per misure aggiuntive come acquisti congiunti volontari di gas, un nuovo “benchmark” di gas complementare (si tratta cioè di uno strumento per valutare quali siano i rischi tipici del mercato delle energie, così come avviene più o meno per i mercati finanziari), un corridoio di prezzo dinamico temporaneo sulle transazioni di gas naturale, e un “temporary framework” (un quadro comune europeo temporaneo) per valutare nel suo insieme e limitare il prezzo del gas nella produzione di elettricità.
Un secondo scenario, altrettanto importante come quello energetico, che si riflette in maniera preoccupante sui Paesi poveri e di riflesso, ma in misura inferiore sui Paesi europei, se non fosse per il rischio di un’accelerazione dei flussi migratori, è rappresentato dai mercati alimentari.
L’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina ha avuto e continua ad avere un impatto diretto sulla sicurezza alimentare globale e sull’accessibilità economica. Grazie alla Politica Agricola Comune (la così detta C.A.P. Common Agricultural Policy), la disponibilità di alimenti, mangimi e fertilizzanti non è una preoccupazione poi così importante nell’Unione Europea, la quale è ampiamente autosufficiente e quindi si può immaginare che il suo mercato unico riesca ad assorbire gli shock alimentari, garantendo la sicurezza alimentare appunto per i cittadini dell’Unione Europea nonché il sostegno al reddito per gli agricoltori europei. Tuttavia, la riduzione delle importazioni di mais, di frumento, di olio e farine di semi di colza e di girasole dall’Ucraina ha un impatto, in particolare, sui prezzi dei mangimi e sull’industria alimentare. Con i prezzi di mercato elevati e le tendenze inflazionistiche derivanti dalla guerra in Ucraina, la principale preoccupazione dei Paesi dell’Unione Europea rimane sempre e comunque l’accessibilità economica.
Pertanto la Russia, usando come arma le esportazioni alimentari dal Mar Nero, è l’unica responsabile della crisi alimentare che si sta verificando nei Paesi africani, accentuando la loro instabilità politica. Di conseguenza le sanzioni dell’Unione Europea sono state specificatamente progettate in modo tale da non prendere di mira i prodotti alimentari e agricoli. Per tale ragione il Consiglio ha invitato gli Stati membri a collaborare per affrontare l’insicurezza alimentare globale attraverso quattro linee d’azione: la solidarietà attraverso i soccorsi di emergenza e il sostegno all’accessibilità economica, la promozione della produzione sostenibile, la resilienza e la trasformazione del sistema alimentare cercando di facilitare il commercio e aiutando l’Ucraina a esportare prodotti agricoli anche attraverso rotte alternative, al fine di sostenere il commercio globale.
Ferma è stata, inoltre, la condanna per la distruzione e l’appropriazione indebita da parte della Russia della produzione agricola dell’Ucraina, e ancora più fermo è stato l’invito alla Russia stessa di porre fine agli attacchi alle infrastrutture di trasporto e a quelle energetiche.
Il terzo scenario è rappresentato dalla mobilità delle persone oltre che delle merci. L’invasione dell’Ucraina ha avuto, infatti, un impatto significativo sulla mobilità delle persone e delle merci nell’Unione Europea attraverso tutte le modalità di trasporto. Tra i problemi principali ci sono le forniture di carburante e il conseguente aumento del prezzo, nonché i problemi logistici legati ai valichi di frontiera e alle restrizioni dello spazio aereo. Inoltre, le importazioni di beni e il grande afflusso di rifugiati ucraini verso i paesi dell’Unione Europea hanno accentuato le problematiche operative nel settore migratorio. In termini di solidarietà con i rifugiati ucraini, i Paesi dell’Unione Europea hanno attuato una serie di misure, come l’istituzione di “hub” (centri) di trasporto e di informazione ai principali valichi di frontiera e l’agevolazione del trasporto di aiuti umanitari. I ministri dei Paesi dell’Unione Europea, ognuno in relazione alla propria sfera di competenza, hanno proceduto a uno scambio di opinioni sulla situazione in Ucraina e sui suoi effetti durante le varie riunioni del Consiglio. Essi hanno inoltre espresso pieno sostegno alle iniziative della Commissione in varie direzioni e cioè: la creazione di corsie di solidarietà per ottimizzare quanto più possibile le catene di approvvigionamento e i controlli tra l’Ucraina e l’Unione Europea e individuare nuovi percorsi di trasporto, anche attraverso Paesi non aderenti all’Unione, come la Moldavia; un piano di emergenza per rafforzare la resilienza dei trasporti in tempi di crisi. Lo scambio di opinioni si è incentrato sopra tutto sulla valutazione delle diverse possibilità per rimuovere gli ostacoli e attuare al meglio gli impegni assunti nel settore dei trasporti per far fronte alle sfide poste dalla guerra in Ucraina.
In sostanza la guerra della Russia contro l’Ucraina, comunque e quando finirà, ha già creato una serie di ripercussioni sulla crisi finanziaria sopra tutto sui mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo.
Per quanto riguarda il nostro Paese, anni e anni di procrastinazione per l’approvvigionamento delle risorse energetiche, di cui il nostro apparato industriale, sopra tutto le nostre imprese energivore, ha fondamentale bisogno, hanno trasformato una situazione che avrebbe potuto essere una transizione graduale verso una società più a emissioni zero in una che probabilmente sarà molto più impegnativa.
Entro la fine del decennio l’economia globale dovrà emettere il 25% in meno di gas serra rispetto al 2022, per avere la possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati a Parigi nel 2015 ed evitare così catastrofiche perturbazioni climatiche.
DR. WALTER FRANGIPANE – Economista


Il terzo scenario è rappresentato dalla mobilità delle persone oltre che delle merci. L’invasione dell’Ucraina ha avuto, infatti, un impatto significativo sulla mobilità delle persone e delle merci nell’Unione Europea attraverso tutte le modalità di trasporto. Tra i problemi principali ci sono le forniture di carburante e il conseguente aumento del prezzo, nonché i problemi logistici legati ai valichi di frontiera e alle restrizioni dello spazio aereo. Inoltre, le importazioni di beni e il grande afflusso di rifugiati ucraini verso i paesi dell’Unione Europea hanno accentuato le problematiche operative nel settore migratorio. In termini di solidarietà con i rifugiati ucraini, i Paesi dell’Unione Europea hanno attuato una serie di misure, come l’istituzione di “hub” (centri) di trasporto e di informazione ai principali valichi di frontiera e l’agevolazione del trasporto di aiuti umanitari. I ministri dei Paesi dell’Unione Europea, ognuno in relazione alla propria sfera di competenza, hanno proceduto a uno scambio di opinioni sulla situazione in Ucraina e sui suoi effetti durante le varie riunioni del Consiglio. Essi hanno inoltre espresso pieno sostegno alle iniziative della Commissione in varie direzioni e cioè: la creazione di corsie di solidarietà per ottimizzare quanto più possibile le catene di approvvigionamento e i controlli tra l’Ucraina e l’Unione Europea e individuare nuovi percorsi di trasporto, anche attraverso Paesi non aderenti all’Unione, come la Moldavia; un piano di emergenza per rafforzare la resilienza dei trasporti in tempi di crisi. Lo scambio di opinioni si è incentrato sopra tutto sulla valutazione delle diverse possibilità per rimuovere gli ostacoli e attuare al meglio gli impegni assunti nel settore dei trasporti per far fronte alle sfide poste dalla guerra in Ucraina.
In sostanza la guerra della Russia contro l’Ucraina, comunque e quando finirà, ha già creato una serie di ripercussioni sulla crisi finanziaria sopra tutto sui mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo.
Per quanto riguarda il nostro Paese, anni e anni di procrastinazione per l’approvvigionamento delle risorse energetiche, di cui il nostro apparato industriale, sopra tutto le nostre imprese energivore, ha fondamentale bisogno, hanno trasformato una situazione che avrebbe potuto essere una transizione graduale verso una società più a emissioni zero in una che probabilmente sarà molto più impegnativa.
Entro la fine del decennio l’economia globale dovrà emettere il 25% in meno di gas serra rispetto al 2022, per avere la possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati a Parigi nel 2015 ed evitare così catastrofiche perturbazioni climatiche.
WALTER FRANGIPANE – Economista

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