L’Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco discussa ad Arcinazzo Romano dal mondo salesiano

 L’Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco discussa ad Arcinazzo Romano dal mondo salesiano

Il mondo salesiano si è riunito nei giorni scorsi sulle colline di Arcinazzo Romano per un intenso dibattito sulla recente Enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”che affronta il delicato e importante tema della cura della “casa comune”, cioè “nostra madre Terra”.

“Laudato si'” è la seconda enciclica di papa Francesco scritta nel suo terzo anno di pontificato. Nell’introduzione, il papa ricorda l’insegnamento dei suoi predecessori (Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ) sulla questione del rapporto dell’umanità con la creazione, richiama gli interventi in materia di Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli  e la figura di San Francesco di Assisi. Fin dall’inizio, Papa Francesco indica che la crisi ecologica è «…una conseguenza drammatica dell’attività incontrollata dell’essere umano» e che «…attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». Indica l’«…urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità», perché, ha detto, senza un «…autentico progresso sociale e morale…» la crescita economica e il progresso tecnologico più prodigioso possono ripercuotersi contro l’uomo. Per questi motivi, il papa richiama l’uomo ad una “conversione ecologica globale”, ad “un’autentica ecologia umana”, ad «…un’ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità», a «…eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente».

Il pontefice conclude questa introduzione con un appello personale per la “ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”, sottolineando che «…abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti» e un forte invito a tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti: «Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode»; «…tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità»

Accogliendo l’invito del Santo Padre, il mondo salesiano, su iniziativa di don Francesco Motto e dell’ing. Nicola Barone, si è riunito, in un clima di amicizia e grande spontaneità, a discutere di questa importante tematica, per rilanciare i temi della speranza e della solidarietà, dell’amore cristiano e della fratellanza, della condivisione del dolore oltre che delle gioie. Al tavolo i vecchi allievi di don Bosco, cioè coloro che si sono formati nelle scuole salesiane e che oggi ricoprono importanti ruoli nella società. Non discussioni su cose inutili, come spesso avviene nel mondo della politica, ma temi di grande profondità ed attualità che ci coinvolgono tutti e devono portare gli uomini di buona volontà, come vuole Papa Franesco, ad un impegno ed una collaborazione per salvaguardare la nostra casa comune, la “santa madre terra come definita da San Francesco

I lavori della due giorni ad Arcinazzo sono stati introdotte da alcuni interventi del prof. d. Paolo Carlotti, professore di teologia morale alla Pontificia Università Salesiana di Roma, si sono avute qualificati scambi di idee e stimolanti confronti nel tentativo non solo di recepire ma anche e soprattutto di attualizzare i contenuti salienti proposti dal magistero papale, che mai come oggi ha inteso usare un linguaggio corrente, distanziandosi un po’ da un certo ‘ecclesiastichese’, sì preciso ma anche un po’ élitario, riuscendo a farsi capire da tutti, parlando di qualcosa che tutti tocca e coinvolge. Del resto è nota la definizione della Dottrina sociale della Chiesa di papa Giovanni Paolo II come di “un cantiere sempre aperto”. Ed è proprio così, perché l’ultima parola del magistero sociale, in cui rientra pienamente la prima enciclica sull’ecologia, spetta a chi la mette in pratica nel cogliere la ricchezza unica dell’esistenziale particolare.

Seguendo la gradualità con cui si svolge la Laudato si’, d. Paolo Carlotti ha individuato tre gradienti che rappresentano altrettante letture globali della questione ecologica che papa Francesco propone.

Dapprima è una visione integrale, non semplicemente globalizzata, quella che viene offerta, che vincola soprattutto alla connessione tra la questione sociale e quella ecologica, tra il grido dei poveri della terra e i gemiti di sorella terra: non è possibile pensare ad una loro soluzione separata ma solo inclusiva, e questo non solo a motivo del venir meno di plausibili giustificazioni etiche. La visione integrale richiama poi il concetto di Paolo VI di sviluppo umano integrale e raccomanda di nuovo ottiche ed approcci, non smaccatamente selettive, che obliterino in modo indolore lo spirituale o il materiale, con materialismi o spiritualismi sempre nocivi perché unilaterali e quindi ideologici, in grado di servire non la verità ma solo l’interesse. Integrale è quella visione poi che sa considerare e embricare le reti di appartenenza relazionale, a cominciare dalla famiglia e dalle società fino a giungere all’intera famiglia umana, presente e soprattutto futura verso una solidarietà intergenerazionale: la cura della casa comune, sotto questo aspetto, è la condizione di responsabilità per poter continuare a generare, per poter continuare ad avere figli.

Un secondo momento è da ricercare nella lettura umana che la questione ecologica riceve da papa Francesco. S’intende cioè valorizzare il fattore antropico in modo del tutto speciale, focalizzando la questione etica con quella ecologica e domandandosi sulla qualità morale dell’uomo, come condizione ineludibile, per una custodia effettiva della creazione. Un uomo avido, che svolge in modo quantitativo la realizzazione di sé facendola consistere nell’accumulo di cose, è elemento che pone in permanente rischio di spoliazione la nostra sorella terra, che non è più casa, tantomeno comune, ma solo deposito individuale.

La massimizzazione del profitto può portare a distrarsi sulle condizioni in cui lasciamo il globo ai nostri figli: perché preoccuparsi per ciò che non ci riguarderà più. Se la deforestazione dell’Amazzonia produce reddito adesso e per me, questo basta, anche se crea un ambiente umanamente invivibile dopo e per altri. La qualità morale del soggetto umano fa la differenza nelle sue scelte. L’ordine dei fini ha da mantenere la sua priorità su quello dei mezzi e non subire un’inversione letale, come purtroppo talora si deve lamentare. La stessa razionalità morale, intenzionale, che focalizza il significato, non può mutarsi in una razionalità tecnica, che focalizza il risultato. Certo anche i risultati sono importanti, ma non quando compromettono i significati. Così almeno per Gesù: “A che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?”.

L’enciclica prospetta comunque eccellenze dal punto di vista etico, non solo un’etica delle norme ma un’etica delle virtù, non solo l’opera deve essere buona, ma anche e soprattutto la persona che la compie. Si tratta di plasmare persone di carattere, stabili e gioiose nella pratica del bene, anche nelle difficoltà e nelle avversità. Due le virtù ecologiche proposte: l’umiltà (humus, da cui deriva la parola umiltà è la terra: l’umiltà ci fa aderire alla terra) e la sobrietà, che rende capaci di un uso non compulsivo e non consumistico dei beni terreni.

Quest’ultima frase ci introduce a quella che è la terza sosta che papa Francesco fa vicino a sorella terra, per coglierne la sua valenza teologica, espressa usualmente quando chiamiamo la natura creazione, quando cioè attiviamo un rapporto col creatore. Non veniamo dal nulla e al nulla non siamo destinati, ma siamo destinati a ciò da cui veniamo, cioè all’amore di Dio: principio e fine coincidono. Nell’uomo, imago Dei, creato a immagine di Dio, il creatore risplende in modo particolare, mentre le altre creature terrestri di Lui sono solo vestigia, hanno una traccia: l’antropocentrismo e il biocentrismo estremisti non sono biblicamente e teologicamente compatibili.

Il Papa solletica tutti noi nelle piccole cose ad avere stili di vita più sobri e virtuosi ed occuparci delle incidenze nell’ambiente ma anche nei rapporti interpersonali. Lui parla in modo semplice e solo apparentemente lieve ma dicendo cose pesantissime, denuncia «la debolezza della reazione politica internazionale» e <<molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti>>.

Il mondo salesiano si è riunito nei giorni scorsi sulle colline di Arcinazzo Romano per un intenso dibattito sulla recente Enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”che affronta il delicato e importante tema della cura della “casa comune”, cioè madre Terra.

Laudato si’ è la seconda enciclica di papa Francesco scritta nel suo terzo anno di pontificato. Nell’introduzione, il papa ricorda l’insegnamento dei suoi predecessori (Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI) sulla questione del rapporto dell’umanità con la creazione, richiama gli interventi in materia di Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli e la figura di san  Francesco di Assisi. Fin dalle prime righe, Francesco indica che la crisi ecologica è «…una conseguenza drammatica dell’attività incontrollata dell’essere umano» e che «…attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». Indica l’«…urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità», perché, ha detto, senza un «…autentico progresso sociale e morale…» la crescita economica e il progresso tecnologico più prodigioso possono ripercuotersi contro l’uomo. Per questi motivi, il papa richiama l’uomo ad una “conversione ecologica globale”, ad “un’autentica ecologia umana”, ad «…un’ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità», a «…eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente».

Il pontefice conclude questa introduzione con un appello personale per la “ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”, sottolineando che «…abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti» e un forte invito a tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti: «Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode»; «…tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità»

Accogliendo l’invito del Santo Padre, il mondo salesiano, su iniziativa di d. Francesco Motto e dell’ing. Nicola Barone, si è riunito, in un clima di amicizia e grande spontaneità, a discutere di questa importante tematica, per rilanciare i temi della speranza e della solidarietà, dell’amore cristiano e della fratellanza, della condivisione del dolore oltre che delle gioie. Al tavolo i vecchi allievi di don Bosco, cioè coloro che si sono formati nelle scuole salesiane e che oggi ricoprono importanti ruoli nella società. Non discussioni su cose inutili, come spesso avviene nel mondo della politica, ma temi di grande profondità ed attualità che ci coinvolgono tutti e devono portare gli uomini di buona volontà, come vuole Papa Franesco, ad un impegno ed una collaborazione per salvaguardare la nostra casa comune, la “santa madre terra come definita da San Francesco

I lavori della due giorni ad Arcinazzo sono stati introdotte da alcuni interventi del prof. d. Paolo Carlotti, professore di teologia morale alla Pontificia Università Salesiana di Roma, si sono avute qualificati scambi di idee e stimolanti confronti nel tentativo non solo di recepire ma anche e soprattutto di attualizzare i contenuti salienti proposti dal magistero papale, che mai come oggi ha inteso usare un linguaggio corrente, distanziandosi un po’ da un certo ‘ecclesiastichese’, sì preciso ma anche un po’ élitario, riuscendo a farsi capire da tutti, parlando di qualcosa che tutti tocca e coinvolge. Del resto è nota la definizione della Dottrina sociale della Chiesa di papa Giovanni Paolo II come di “un cantiere sempre aperto”. Ed è proprio così, perché l’ultima parola del magistero sociale, in cui rientra pienamente la prima enciclica sull’ecologia, spetta a chi la mette in pratica nel cogliere la ricchezza unica dell’esistenziale particolare.

Seguendo la gradualità con cui si svolge la Laudato si’, d. Paolo Carlotti ha individuato tre gradienti che rappresentano altrettante letture globali della questione ecologica che papa Francesco propone.

Il mondo salesiano si è riunito nei giorni scorsi sulle colline di Arcinazzo Romano per un intenso dibattito sulla recente Enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”che affronta il delicato e importante tema della cura della “casa comune”, cioè madre Terra.

Laudato si’ è la seconda Enciclica di Papa Francesco che è stata scritta nel suo terzo anno di pontificato. Nell’introduzione, il papa ricorda l’insegnamento dei suoi predecessori (Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) sulla questione del rapporto dell’umanità con la creazione, richiama gli interventi in materia di Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli, nonchè la figura di San Francesco d’Assisi. Fin dall’inizio Papa Francesco indica che la crisi ecologica è «…una conseguenza drammatica dell’attività incontrollata dell’essere umano» e che «…attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». Indica l’«…urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità», perché, ha detto, senza un «…autentico progresso sociale e morale…» la crescita economica e il progresso tecnologico più prodigioso possono ripercuotersi contro l’uomo. Per questi motivi, il papa richiama l’uomo ad una “conversione ecologica globale”, ad “un’autentica ecologia umana”, ad «…un’ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità», a «…eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente».

Il pontefice conclude questa introduzione con un appello personale per la “ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale”, sottolineando che «…abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti» e un forte invito a tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti: «Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode»; «…tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità»

Accogliendo l’invito del Santo Padre, il mondo salesiano, su iniziativa di d. Francesco Motto e dell’ing. Nicola Barone, si è riunito, in un clima di amicizia e grande spontaneità, a discutere di questa importante tematica, per rilanciare i temi della speranza e della solidarietà, dell’amore cristiano e della fratellanza, della condivisione del dolore oltre che delle gioie. Al tavolo i vecchi allievi di don Bosco, cioè coloro che si sono formati nelle scuole salesiane e che oggi ricoprono importanti ruoli nella società. Non discussioni su cose inutili, come spesso avviene nel mondo della politica, ma temi di grande profondità ed attualità che ci coinvolgono tutti e devono portare gli uomini di buona volontà, come vuole Papa Franesco, ad un impegno ed una collaborazione per salvaguardare la nostra casa comune, la “santa madre terra come definita da San Francesco

I lavori della due giorni ad Arcinazzo sono stati introdotte da alcuni interventi del prof. d. Paolo Carlotti, professore di teologia morale alla Pontificia Università Salesiana di Roma, si sono avute qualificati scambi di idee e stimolanti confronti nel tentativo non solo di recepire ma anche e soprattutto di attualizzare i contenuti salienti proposti dal magistero papale, che mai come oggi ha inteso usare un linguaggio corrente, distanziandosi un po’ da un certo ‘ecclesiastichese’, sì preciso ma anche un po’ élitario, riuscendo a farsi capire da tutti, parlando di qualcosa che tutti tocca e coinvolge. Del resto è nota la definizione della Dottrina sociale della Chiesa di papa Giovanni Paolo II come di “un cantiere sempre aperto”. Ed è proprio così, perché l’ultima parola del magistero sociale, in cui rientra pienamente la prima enciclica sull’ecologia, spetta a chi la mette in pratica nel cogliere la ricchezza unica dell’esistenziale particolare.

Seguendo la gradualità con cui si svolge la Laudato si’, d. Paolo Carlotti ha individuato tre gradienti che rappresentano altrettante letture globali della questione ecologica che papa Francesco propone.

Dapprima è una visione integrale, non semplicemente globalizzata, quella che viene offerta, che vincola soprattutto alla connessione tra la questione sociale e quella ecologica, tra il grido dei poveri della terra e i gemiti di sorella terra: non è possibile pensare ad una loro soluzione separata ma solo inclusiva, e questo non solo a motivo del venir meno di plausibili giustificazioni etiche. La visione integrale richiama poi il concetto di Paolo VI di sviluppo umano integrale e raccomanda di nuovo ottiche ed approcci, non smaccatamente selettive, che obliterino in modo indolore lo spirituale o il materiale, con materialismi o spiritualismi sempre nocivi perché unilaterali e quindi ideologici, in grado di servire non la verità ma solo l’interesse. Integrale è quella visione poi che sa considerare e embricare le reti di appartenenza relazionale, a cominciare dalla famiglia e dalle società fino a giungere all’intera famiglia umana, presente e soprattutto futura verso una solidarietà intergenerazionale: la cura della casa comune, sotto questo aspetto, è la condizione di responsabilità per poter continuare a generare, per poter continuare ad avere figli.

Un secondo momento è da ricercare nella lettura umana che la questione ecologica riceve da papa Francesco. S’intende cioè valorizzare il fattore antropico in modo del tutto speciale, focalizzando la questione etica con quella ecologica e domandandosi sulla qualità morale dell’uomo, come condizione ineludibile, per una custodia effettiva della creazione. Un uomo avido, che svolge in modo quantitativo la realizzazione di sé facendola consistere nell’accumulo di cose, è elemento che pone in permanente rischio di spoliazione la nostra sorella terra, che non è più casa, tantomeno comune, ma solo deposito individuale.

La massimizzazione del profitto può portare a distrarsi sulle condizioni in cui lasciamo il globo ai nostri figli: perché preoccuparsi per ciò che non ci riguarderà più. Se la deforestazione dell’Amazzonia produce reddito adesso e per me, questo basta, anche se crea un ambiente umanamente invivibile dopo e per altri. La qualità morale del soggetto umano fa la differenza nelle sue scelte. L’ordine dei fini ha da mantenere la sua priorità su quello dei mezzi e non subire un’inversione letale, come purtroppo talora si deve lamentare. La stessa razionalità morale, intenzionale, che focalizza il significato, non può mutarsi in una razionalità tecnica, che focalizza il risultato. Certo anche i risultati sono importanti, ma non quando compromettono i significati. Così almeno per Gesù: “A che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?”.

L’enciclica prospetta comunque eccellenze dal punto di vista etico, non solo un’etica delle norme ma un’etica delle virtù, non solo l’opera deve essere buona, ma anche e soprattutto la persona che la compie. Si tratta di plasmare persone di carattere, stabili e gioiose nella pratica del bene, anche nelle difficoltà e nelle avversità. Due le virtù ecologiche proposte: l’umiltà (humus, da cui deriva la parola umiltà è la terra: l’umiltà ci fa aderire alla terra) e la sobrietà, che rende capaci di un uso non compulsivo e non consumistico dei beni terreni.

Quest’ultima frase ci introduce a quella che è la terza sosta che papa Francesco fa vicino a sorella terra, per coglierne la sua valenza teologica, espressa usualmente quando chiamiamo la natura creazione, quando cioè attiviamo un rapporto col creatore. Non veniamo dal nulla e al nulla non siamo destinati, ma siamo destinati a ciò da cui veniamo, cioè all’amore di Dio: principio e fine coincidono. Nell’uomo, imago Dei, creato a immagine di Dio, il creatore risplende in modo particolare, mentre le altre creature terrestri di Lui sono solo vestigia, hanno una traccia: l’antropocentrismo e il biocentrismo estremisti non sono biblicamente e teologicamente compatibili.

Il Papa solletica tutti noi nelle piccole cose ad avere stili di vita più sobri e virtuosi ed occuparci delle incidenze nell’ambiente ma anche nei rapporti interpersonali. Lui parla in modo semplice e solo apparentemente lieve ma dicendo cose pesantissime, denuncia «la debolezza della reazione politica internazionale» e <<molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti>>.

 Dall’incontro e dall’attento dibattito che ha coinvolto tutti i partecipanti sono emersi importanti spunti di riflessione mettendo in risalto, come più volte nell’Enciclica è sottolineato, la responsabilità morale degli uomini che, con i loro comportamenti, influiscono su ambiente, inquinamento, riscaldamento globale, mentre dobbiamo porci il problema e attivarci concretamente su come possiamo impedire tutto questo accogliendo l’invito del Papa a cambiare rotta, a impegnarsi al salvaguardia dell’ambiente, della nostra casa comune.

Dapprima è una visione integrale, non semplicemente globalizzata, quella che viene offerta, che vincola soprattutto alla connessione tra la questione sociale e quella ecologica, tra il grido dei poveri della terra e i gemiti di sorella terra: non è possibile pensare ad una loro soluzione separata ma solo inclusiva, e questo non solo a motivo del venir meno di plausibili giustificazioni etiche. La visione integrale richiama poi il concetto di Paolo VI di sviluppo umano integrale e raccomanda di nuovo ottiche ed approcci, non smaccatamente selettive, che obliterino in modo indolore lo spirituale o il materiale, con materialismi o spiritualismi sempre nocivi perché unilaterali e quindi ideologici, in grado di servire non la verità ma solo l’interesse. Integrale è quella visione poi che sa considerare e embricare le reti di appartenenza relazionale, a cominciare dalla famiglia e dalle società fino a giungere all’intera famiglia umana, presente e soprattutto futura verso una solidarietà intergenerazionale: la cura della casa comune, sotto questo aspetto, è la condizione di responsabilità per poter continuare a generare, per poter continuare ad avere figli.

Un secondo momento è da ricercare nella lettura umana che la questione ecologica riceve da papa Francesco. S’intende cioè valorizzare il fattore antropico in modo del tutto speciale, focalizzando la questione etica con quella ecologica e domandandosi sulla qualità morale dell’uomo, come condizione ineludibile, per una custodia effettiva della creazione. Un uomo avido, che svolge in modo quantitativo la realizzazione di sé facendola consistere nell’accumulo di cose, è elemento che pone in permanente rischio di spoliazione la nostra sorella terra, che non è più casa, tantomeno comune, ma solo deposito individuale.

La massimizzazione del profitto può portare a distrarsi sulle condizioni in cui lasciamo il globo ai nostri figli: perché preoccuparsi per ciò che non ci riguarderà più. Se la deforestazione dell’Amazzonia produce reddito adesso e per me, questo basta, anche se crea un ambiente umanamente invivibile dopo e per altri. La qualità morale del soggetto umano fa la differenza nelle sue scelte. L’ordine dei fini ha da mantenere la sua priorità su quello dei mezzi e non subire un’inversione letale, come purtroppo talora si deve lamentare. La stessa razionalità morale, intenzionale, che focalizza il significato, non può mutarsi in una razionalità tecnica, che focalizza il risultato. Certo anche i risultati sono importanti, ma non quando compromettono i significati. Così almeno per Gesù: “A che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?”.

L’enciclica prospetta comunque eccellenze dal punto di vista etico, non solo un’etica delle norme ma un’etica delle virtù, non solo l’opera deve essere buona, ma anche e soprattutto la persona che la compie. Si tratta di plasmare persone di carattere, stabili e gioiose nella pratica del bene, anche nelle difficoltà e nelle avversità. Due le virtù ecologiche proposte: l’umiltà (humus, da cui deriva la parola umiltà è la terra: l’umiltà ci fa aderire alla terra) e la sobrietà, che rende capaci di un uso non compulsivo e non consumistico dei beni terreni.

Quest’ultima frase ci introduce a quella che è la terza sosta che papa Francesco fa vicino a sorella terra, per coglierne la sua valenza teologica, espressa usualmente quando chiamiamo la natura creazione, quando cioè attiviamo un rapporto col creatore. Non veniamo dal nulla e al nulla non siamo destinati, ma siamo destinati a ciò da cui veniamo, cioè all’amore di Dio: principio e fine coincidono. Nell’uomo, imago Dei, creato a immagine di Dio, il creatore risplende in modo particolare, mentre le altre creature terrestri di Lui sono solo vestigia, hanno una traccia: l’antropocentrismo e il biocentrismo estremisti non sono biblicamente e teologicamente compatibili.

Il Papa solletica tutti noi nelle piccole cose ad avere stili di vita più sobri e virtuosi ed occuparci delle incidenze nell’ambiente ma anche nei rapporti interpersonali. Lui parla in modo semplice e solo apparentemente lieve ma dicendo cose pesantissime, denuncia «la debolezza della reazione politica internazionale» e <<molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti>>.

 Dall’incontro e dall’attento dibattito, che ha coinvolto tutti i partecipanti, sono emersi importanti spunti di riflessione mettendo in risalto, come più volte nell’Enciclica è sottolineata, la responsabilità morale degli uomini che, con i loro comportamenti, influiscono su ambiente, inquinamento, riscaldamento globale, mentre dobbiamo porci il problema e attivarci concretamente su come possiamo impedire tutto questo accogliendo l’invito del Papa a cambiare rotta, a impegnarsi alla salvaguardia dell’ambiente, della nostra” casa comune”.

l.b.

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