Tiriolo: una passeggiata tra storia e leggenda per scoprire e apprezzare la natura e le vestigia del passato

 Tiriolo: una passeggiata tra storia e leggenda per scoprire e apprezzare la natura e le vestigia del passato

Una giornata davvero particolare quella trascorsa a Tiriolo da un gruppo di soci dell’Associazione culturale Teura sul monte Tiriolo, raccontata dal presidente Antonio Montuoro.  Tiriolo **, è un ridente comune del catanzarese, ricco di storia, di antiche tradizioni e cultura, la cui conservazione e promozione andrebbe curata e valorizzata con attenzione dalle amministrazioni locali, spesso indifferenti, nella logica, assolutamente sbagliata, che “ con la cultura non si mangia”.

“”“Nelle prime ore (erano quasi le quattro) di domenica 25 giugno ci siamo incamminati per scalare la  montagna che maestosa protegge l’abitato di Tiriolo, assistere al sorgere del sole (“u’ sule nasce e Gagghianu”, racconta la tradizione popolare) e visitare (per quel poco che è possibile, in mancanza di equipaggiamento) la grotta del  “Re Niliu”.

    

La leggenda del “Re Niliu”, famosissima, appartiene alla più genuina ed autentica tradizione popolare.

    

Narra che un tempo sulla vetta del Monte Tiriolo c’era un grande castello dove abitavano un re e una regina, che avevano un figlio il quale si chiamava Nilio. Quando questo figlio crebbe e diventò grande, si innamorò di una bella ragazza, tanto che la voleva sposare. Il re e la regina non volevano, perchè la ragazza era povera, mentre Nilio era un principe. Un bel giorno Nilio fuggì con la ragazza. Allora la regina lo maledisse e gli disse: “Possa tu liquefarti come la cera, appena ti colpisce una sfera di sole”. Allora Nilio,per non essere colpito dai raggi del sole, si rinchiuse dentro una stanza senza finestre, per stare sempre al buio. La ragazza, che nel frattempo aveva avuto un bimbo, era stata fatta rinchiudere in una grotta vicina al mare. Ma Nilio non si ravvedeva e dal palazzo scavò una grotta che sbucava al fiume Corace. Da lì, di notte, andava a trovare la moglie e così poteva stare col bimbo. Ma appena cantava il gallo tornava a introdursi nella grotta, affinchè non lo colpisse il sole.

Giunti in vetta, spaziando lo sguardo dal mar Ionio al Tirreno, dalle Serre alla Sila, i tenui bagliori di luce prima dello spuntar del sole ci hanno mostrato uno spettacolo straordinario: laggiù, in basso, lungo tutto l’istmo tra i due mari, un candido manto di nubi avvolgeva ogni cosa.

               

Quello scenario così insolito, l’atmosfera quasi surreale, la maestosità degli spazi, hanno scaldato i cuori e le menti. Ci siamo, allora, ricordati che un episodio cruciale della ribellione di Spartaco e degli schiavi contro Roma trovava autorevole conferma nell’incanto del momento.

Le fonti antiche, (non molte per la verità), hanno descritto la figura e le imprese di Spartaco. Plutarco nella sua storia di Crasso, (il proconsole romano che alla fine riuscì a porre fine alla rivolta di Spartaco), ci racconta come il gladiatore e i suoi uomini decisi a raggiungere la Sicilia si attardono e rimangono intrappolati nella punta del Bruzio, perchè nel frattempo Crasso – proprio in quel lembo di terra tra i due mari avvolto dal manto nebbioso – aveva portato a compimento una impresa difficile, facendo “scavare da mare a mare,attraverso l’istmo, un canale lungo 300 stadi, largo 15 piedi e parimenti profondo” ( il canale era lungo circa 52 chilometri, profondo e largo circa quattro metri e mezzo). Plutarco scrive che, pur subendo innumerevoli perdite, Spartaco alla fine riuscì a superare il “Vallo”in “una notte nebbiosa con vento di tempesta”.

 Vento e nebbia che dalla notte dei tempi accompagnano l’esistenza degli abitanti dell’Ager Teuranus.

Inebriati dallo straordinario scenario che si è spalancato davanti ai nostri occhi, al sorgere del sole abbiamo brindato e…mangiato quel che di buono le sapienti mani di donne avevano preparato.

    

Dopo l’immancabile visita alla grotta del coraggioso Re Nilio che, per amore, volle rompere le barriere della distinzione di classe pagando un prezzo altissimo, abbiamo iniziato la discesa verso la nostra Tiriolo che tanto amiamo, in cui si scorgevano i primi segnali di ripresa delle attività dopo la quiete notturna.

Lasciando, con nostalgia, la montagna, non abbiamo potuto fare a meno di ripensare alla storia millenaria di questa terra di Italo, dei Bretti e dei Feaci, alle sue tradizioni, ai miti e alla leggende, al compito gravoso che spetta ai tanti calabresi della cultura e del sogno: contrastare l’oblio della memoria,(la più grave malattia di questo tempo), con la consapevolezza che il futuro della Calabria non potrà che avere un cuore antico”””.

   

** Tiriolo è un comune della Calabria, in provincia di Catanzaro, a 668 metri s. m., situato alle pendici dell’omonimo monte ( 848 metri sul mare) caratterizzato da una formazione di calcari dolomitici giurassici, posizionato tra i fiumi Amato e Corace. Da Tiriolo, posizionato nell’’istimo di Catanzaro ( il punto più stretto dello stivale italiano, si possono ammirare i due mari ( Ionio e Tirreno) che bagnano la Calabria.

Vi si sono stati notevoli ritrovamenti archeologici, fra i quali, nel 1640, quello di una tavoletta di bronzo contenente il Senatusconsultum de Bacchanalibus del 186 a. C. (v. Livio, XXXIX, 18), donata nel 1727 dai feudatarî Cicala all’imperatore Carlo VI, il cui originale è conservato a Vienna; una riproduzione è presente nell’Antiquarium comunale che contiene numerosi reperti frutto di scavi o ritrovamenti.

Gli storici parlano dell’esistenza di un Ager Teuranus d’incerta estensione, ma il cui punto più alto e più ad E. sembrerebbe dover corrispondere al monte o al luogo dell’odierno paese, abitato nei secoli IV-II a. C. da una popolazione italica di Bruzî ellenizzati, probabilmente in un semplice vicus (Teura?), distrutto dai Romani nella prima metà del sec. II, forse per la sua partecipazione all’impresa di Annibale contro Roma.

Si è voluto anche vedere a Tiriolo il luogo della greca Terina o di una sua fortezza a difesa contro le popolazioni italiche dell’interno, mettendo in relazione i nomi Terina e Teuranus (Teura) con il nome odierno Tiriolo (Teriniolum o Teuraniolum?).

Tiriolo fu feudo, sin dall’età aragonese, dei Cicala di Genova (principi di Tiriolo dal 1680) che vi ebbero un palazzo ora semidiruto. Tiriolo è nota, anche, per il costume delle sue donne, simile a na Nicastro ( ora Lamezia Terme), ma senza la mantelletta nera e più adorno (e anche assai alterato) con mandile bianco in capo e vancale di lana a strisce colorate, di produzione locale.

L.B.

   

Museo del costume                                                      Antiquarium civico

 

       

Castello                                                                      Tomba brettia

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